L’accademia del Settecento, evoluzione delle tante che popolano la penisola italiana dalla primissima modernità, deve cambiare. E cambia. Quella di Mantova ne è esempio illustre. L’eruditismo cede il passo alla scienza utile, l’educazione del popolo a beneficio dello Stato diviene centrale, la coltivazione delle belle arti viene affiancata dalle colonie agrarie, dalla coltura del sapere tecnico applicato alle arti sì, ma artigianali; la dissertazione inaugurale dell’accademia di Mantova, e i dispacci teresiani che ne stabiliscono fini e metodi prevedono e impongono questa direzione. Ci interessa dunque capire, data la temperie, in che modo un uomo come Juan Andrés, educato e formato dai Gesuiti, lui stesso Gesuita, reagisca e vi si adatti. Quale pubblico, dunque, Juan Andrés si aspetta di trovare all’accademia di Mantova, e come ne cerca il consenso? Il metodo che seguiamo in questa coppia di interventi è quello della lettura delle dissertazioni presentate all’accademia e tuttora ottimamente conservate. Per affinità con la sensibilità gesuita di Andrés, ci concentreremo sulle dissertazioni che vengono catalogate oggi sotto i titoli di Filosofia e Educazione. Essendo la maggior parte di tali dissertazioni presentate a concorso, è verosimile che ciascuna venisse redatta puntando alla massima sintonia possibile col modo di ragionare e la cultura dei giudici, cioè dell’accademia medesima. A prescindere dalla risposta alle questioni poste a concorso, che potevano perfino cercare il paradosso proprio per stuzzicare l’attenzione del giudicante (l’eco della famosa tesi di Rousseau è ben vivo nelle buste di filosofia), esse offrono un ottimo spettro di opinioni con cui Andrés si trovava a dover fare i conti nella realtà di Mantova.
Madella, L. (2018). Un pubblico per Juan Andrés: dissertazioni di filosofia ed educazione all’Accademia (1772-1778).. In ATTI E MEMORIE. NUOVA SERIE. VOL. LXXXV (2017) (pp.283-301). FIRENZE : OLSCHKI.
Un pubblico per Juan Andrés: dissertazioni di filosofia ed educazione all’Accademia (1772-1778).
Laura Madella
2018-01-01
Abstract
L’accademia del Settecento, evoluzione delle tante che popolano la penisola italiana dalla primissima modernità, deve cambiare. E cambia. Quella di Mantova ne è esempio illustre. L’eruditismo cede il passo alla scienza utile, l’educazione del popolo a beneficio dello Stato diviene centrale, la coltivazione delle belle arti viene affiancata dalle colonie agrarie, dalla coltura del sapere tecnico applicato alle arti sì, ma artigianali; la dissertazione inaugurale dell’accademia di Mantova, e i dispacci teresiani che ne stabiliscono fini e metodi prevedono e impongono questa direzione. Ci interessa dunque capire, data la temperie, in che modo un uomo come Juan Andrés, educato e formato dai Gesuiti, lui stesso Gesuita, reagisca e vi si adatti. Quale pubblico, dunque, Juan Andrés si aspetta di trovare all’accademia di Mantova, e come ne cerca il consenso? Il metodo che seguiamo in questa coppia di interventi è quello della lettura delle dissertazioni presentate all’accademia e tuttora ottimamente conservate. Per affinità con la sensibilità gesuita di Andrés, ci concentreremo sulle dissertazioni che vengono catalogate oggi sotto i titoli di Filosofia e Educazione. Essendo la maggior parte di tali dissertazioni presentate a concorso, è verosimile che ciascuna venisse redatta puntando alla massima sintonia possibile col modo di ragionare e la cultura dei giudici, cioè dell’accademia medesima. A prescindere dalla risposta alle questioni poste a concorso, che potevano perfino cercare il paradosso proprio per stuzzicare l’attenzione del giudicante (l’eco della famosa tesi di Rousseau è ben vivo nelle buste di filosofia), esse offrono un ottimo spettro di opinioni con cui Andrés si trovava a dover fare i conti nella realtà di Mantova.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.