Le emergenze epidemiche suscitano momenti di crisi non soltanto dal punto di vista sanitario, ma su una scala più ampia. Storicamente, la peste ha minacciato gli assetti sociali, gli interessi economici, gli equilibri politici, mettendo così a dura prova la capacità di tenuta degli apparati statali. Tra XVI e XVIII secolo, si conoscevano i metodi di propagazione della peste, ma se ne ignorava ancora il vettore; pertanto, nel Regno di Sicilia la scienza medica coniugò varie interpretazioni della malattia: ad esempio, se nel 1575, il protomedico Giovanni Filippo Ingrassia promosse rimedi ispirati principalmente al principio del contagium vivum, nel 1624, in un clima politico e culturale differente, Marco Antonio Alaimo sostenne anche l’ipotesi della peste manufatta, sposando nuovamente una lettura superstiziosa del morbo. Dal punto di vista istituzionale, per tentare di prevenire o contrastare i contagi, fino al XVIII secolo nell’isola ci si affidò ad un Magistrato di Sanità provvisorio e legato al panorama politico palermitano. La situazione cambiò soltanto nel 1743, quando, spinto dall’urgenza della peste di Messina, il viceré Corsini istituì la Suprema Deputazione Generale di Salute Pubblica quale magistratura indipendente e perpetua. Con queste premesse, l’intervento esamina le risposte istituzionali e scientifiche che, nei secoli dell’antico regime, sono state elaborate in Sicilia per fronteggiare le molteplici implicazioni dell’emergenza epidemica, quali il pericolo d’inedia, le minacce all’ordine pubblico e lo sconvolgimento degli equilibri economici e politici.

Profeta, R. (2020). Adversus pestem: il Magistrato di Salute Pubblica del Regno di Sicilia (secc. XVI-XVIII) e l'evoluzione del sapere medico. In Crisi e trasformazioni. Filosofie e processi storico-sociali (pp.183-196). Roma : UniversItalia.

Adversus pestem: il Magistrato di Salute Pubblica del Regno di Sicilia (secc. XVI-XVIII) e l'evoluzione del sapere medico

Rita Profeta
2020-01-01

Abstract

Le emergenze epidemiche suscitano momenti di crisi non soltanto dal punto di vista sanitario, ma su una scala più ampia. Storicamente, la peste ha minacciato gli assetti sociali, gli interessi economici, gli equilibri politici, mettendo così a dura prova la capacità di tenuta degli apparati statali. Tra XVI e XVIII secolo, si conoscevano i metodi di propagazione della peste, ma se ne ignorava ancora il vettore; pertanto, nel Regno di Sicilia la scienza medica coniugò varie interpretazioni della malattia: ad esempio, se nel 1575, il protomedico Giovanni Filippo Ingrassia promosse rimedi ispirati principalmente al principio del contagium vivum, nel 1624, in un clima politico e culturale differente, Marco Antonio Alaimo sostenne anche l’ipotesi della peste manufatta, sposando nuovamente una lettura superstiziosa del morbo. Dal punto di vista istituzionale, per tentare di prevenire o contrastare i contagi, fino al XVIII secolo nell’isola ci si affidò ad un Magistrato di Sanità provvisorio e legato al panorama politico palermitano. La situazione cambiò soltanto nel 1743, quando, spinto dall’urgenza della peste di Messina, il viceré Corsini istituì la Suprema Deputazione Generale di Salute Pubblica quale magistratura indipendente e perpetua. Con queste premesse, l’intervento esamina le risposte istituzionali e scientifiche che, nei secoli dell’antico regime, sono state elaborate in Sicilia per fronteggiare le molteplici implicazioni dell’emergenza epidemica, quali il pericolo d’inedia, le minacce all’ordine pubblico e lo sconvolgimento degli equilibri economici e politici.
2020
978-88-3293-431-1
Profeta, R. (2020). Adversus pestem: il Magistrato di Salute Pubblica del Regno di Sicilia (secc. XVI-XVIII) e l'evoluzione del sapere medico. In Crisi e trasformazioni. Filosofie e processi storico-sociali (pp.183-196). Roma : UniversItalia.
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