If "landscapes are cultural facts", as written by Marc Augé, the relationship between funerary landscape and cultural identity is a vital storage of knowledge. With this premise, this paper focuses on Glauco Gresleri's contribution to the definition of a landscape of memory after the Vajont disaster. In the places disfigured by the events of 1963 a group of young architects (Gianni Avon, Francesco Tentori and Marco Zanuso for the cemetery of Longarone, Glauco Gresleri and Silvano Varnier for the cemeteries of Ponte Giulio and Erto a Monte) designed the necessary funerary installations. This operation was charged with an evident symbolic value. It was not just an answer to the functional emergency, but an opportunity to reconstruct the identity of places that were by then unrecognizable.In this context Gresleri proposed the architectural project as a civil commitment, able to reread, with sensitivity, the faint traces still present in the places devastated by the catastrophe. If today’s administrations are usually distracted by mere numbers and satisfied by the functional response to the needs of dwelling, these cemeteries show their relevance by linking their role to the landscape itself, recovering images, dimensions, materials rooted in local traditions, respectful of the character of the places and of the forms of territory.

Se, come scrive Marc Augé, “i paesaggi sono fatti culturali”, la relazione tra paesaggio funerario e identità culturale è quanto mai vitale deposito di conoscenza. Con tale premessa, questo saggio intende mettere a fuoco il contributo di Glauco Gresleri alla definizione di un paesaggio della memoria a seguito del disastro del Vajont. Nei luoghi martoriati dagli eventi del 1963 un gruppo di giovani architetti (Gianni Avon, Francesco Tentori e Marco Zanuso per il cimitero di Longarone; Glauco Gresleri e Silvano Varnier per i cimiteri di Ponte Giulio ed Erto a Monte) viene incaricato della progettazione dei complessi funerari necessari. L’operazione si carica di un evidente portato simbolico: non è solo una risposta all’emergenza funzionale, ma un’occasione per ricostruire l’identità di luoghi ormai irriconoscibili. Gresleri interviene in questo contesto imponendo il progetto di architettura come impegno civile, capace di rileggere, con sensibilità, le flebili tracce ancora presenti nei luoghi stravolti dalla catastrofe. Se l’attualità presenta spesso amministrazioni distratte dai numeri e appagate dalla semplice risposta funzionale alle esigenze dell’abitare, questi cimiteri mostrano la loro attualità legandosi al tema del paesaggio, recuperando immagini, dimensioni, materie radicate nelle tradizioni locali, rispettose del carattere dei luoghi e delle forme del territorio.

Carlini, A. (2019). Paesaggio della memoria: dal disastro del Vajont alle architetture del ricordo. Glauco Gresleri e i cimiteri di Erto a Monte e Ponte Giulio. IN BO, 10(14), 38-49.

Paesaggio della memoria: dal disastro del Vajont alle architetture del ricordo. Glauco Gresleri e i cimiteri di Erto a Monte e Ponte Giulio

Alessandra Carlini
2019-01-01

Abstract

If "landscapes are cultural facts", as written by Marc Augé, the relationship between funerary landscape and cultural identity is a vital storage of knowledge. With this premise, this paper focuses on Glauco Gresleri's contribution to the definition of a landscape of memory after the Vajont disaster. In the places disfigured by the events of 1963 a group of young architects (Gianni Avon, Francesco Tentori and Marco Zanuso for the cemetery of Longarone, Glauco Gresleri and Silvano Varnier for the cemeteries of Ponte Giulio and Erto a Monte) designed the necessary funerary installations. This operation was charged with an evident symbolic value. It was not just an answer to the functional emergency, but an opportunity to reconstruct the identity of places that were by then unrecognizable.In this context Gresleri proposed the architectural project as a civil commitment, able to reread, with sensitivity, the faint traces still present in the places devastated by the catastrophe. If today’s administrations are usually distracted by mere numbers and satisfied by the functional response to the needs of dwelling, these cemeteries show their relevance by linking their role to the landscape itself, recovering images, dimensions, materials rooted in local traditions, respectful of the character of the places and of the forms of territory.
2019
Se, come scrive Marc Augé, “i paesaggi sono fatti culturali”, la relazione tra paesaggio funerario e identità culturale è quanto mai vitale deposito di conoscenza. Con tale premessa, questo saggio intende mettere a fuoco il contributo di Glauco Gresleri alla definizione di un paesaggio della memoria a seguito del disastro del Vajont. Nei luoghi martoriati dagli eventi del 1963 un gruppo di giovani architetti (Gianni Avon, Francesco Tentori e Marco Zanuso per il cimitero di Longarone; Glauco Gresleri e Silvano Varnier per i cimiteri di Ponte Giulio ed Erto a Monte) viene incaricato della progettazione dei complessi funerari necessari. L’operazione si carica di un evidente portato simbolico: non è solo una risposta all’emergenza funzionale, ma un’occasione per ricostruire l’identità di luoghi ormai irriconoscibili. Gresleri interviene in questo contesto imponendo il progetto di architettura come impegno civile, capace di rileggere, con sensibilità, le flebili tracce ancora presenti nei luoghi stravolti dalla catastrofe. Se l’attualità presenta spesso amministrazioni distratte dai numeri e appagate dalla semplice risposta funzionale alle esigenze dell’abitare, questi cimiteri mostrano la loro attualità legandosi al tema del paesaggio, recuperando immagini, dimensioni, materie radicate nelle tradizioni locali, rispettose del carattere dei luoghi e delle forme del territorio.
Carlini, A. (2019). Paesaggio della memoria: dal disastro del Vajont alle architetture del ricordo. Glauco Gresleri e i cimiteri di Erto a Monte e Ponte Giulio. IN BO, 10(14), 38-49.
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