L’acquedotto dell’Acqua Felice, la rete idrica destinata ad alimentare il Laterano, l’Esquilino, il Viminale, il Quirinale e il Campidoglio, che convogliava in condotte in parte sotterranee e in parte realizzate su arcate, l’acqua delle sorgenti di Pantano dei Griffi (oggi Pantano Borghese) costituì l’opera pubblica più rilevante portata a termine durante il pontificato sistino. I documenti del fondo Presidenza degli acquedotti conservati nell’Archivio di Stato di Roma hanno costituito la fonte privilegiata dalla quale poter ricavare informazioni riguardanti il cantiere dell’acquedotto. Attraverso i registri dei mandati camerali, i libri dei conti, i libri mastri, i giornali di cantiere e gli atti notarili delle convenzioni con le imprese è stato possibile risalire agli aspetti organizzativi e finanziari del cantiere. Sisto V riprese le fila di un progetto già predisposto durante il papato di Gregorio XIII con le medesime premesse e motivazioni, mentre la fonte di finanziamento risultò del tutto differente: non ci si affidò ad investitori privati bensì l’opera venne per la maggior parte sovvenzionata dalla Camera apostolica. Nel corso della ricerca sono state identificate le gerarchie dell’articolata burocrazia pontificia con riferimento alla realizzazione dell’opera in esame. Per comprendere il funzionamento del cantiere è stato anche necessario confrontarsi con aspetti riguardanti la gestione e movimentazione del denaro camerale. L’aministratione dell’opera inizialmente fu affidata all’architetto Matteo Bartolani da Città di Castello, che ebbe modo di soprintendere alle attività svolte nel cantiere dal 1 maggio 1585 (a partire dalle opere di livellamento) fino al 3 luglio 1586 (ultimo pagamento in suo favore). Egli però non riuscì ad assicurare la funzionalità dell’opera e di conseguenza del prosieguo di essa fu incaricato, dal 22 luglio 1586, Giovanni Fontana che riuscì infine a far giungere l’acqua a Roma nel giugno del 1587, mettendo a punto adeguamenti atti a convertire un’opera inutilizzabile in un’opera perfettamente funzionale. Attraverso le misure e stime di ciascuna fase esecutiva presentate dalle numerose imprese che agivano nel cantiere dell’Acqua Felice è stato possibile determinare la natura e le caratteristiche degli appalti intercorsi tra architetto e imprese, i prezzi delle categorie delle opere finite e dei singoli materiali, le soluzioni tecniche e operative impiegate e il ruolo di sovrastanti e maestranze. Sono state evidenziate anche le differenze delle verifiche finalizzate alla corretta gestione delle finanze pubbliche tra l’iniziale gestione di Bartolani e quella successiva di Giovanni Fontana quest’ultima con l’adozione di procedure del tutto particolari. Il cantiere dell’Acqua Felice per la sua mole contribuì in maniera determinante all’incremento e qualificazione della produzione e del trasporto di materiali da costruzione, la cui commercializzazione veniva ad assumere così gli aspetti di una vera e propria attività industriale, nella quale furono coinvolti anche i parenti dei Fontana. Inoltre indirettamente l’opera promosse l’attività di compagnie d’impresa gestite da “capimastri intraprendenti” che dettero luogo a vere e proprie attività imprenditoriali. Del resto anche i Fontana andavano assumendo un ruolo imprenditoriale, grazie alla privilegiata relazione con il Papa committente. In definitiva Giovanni Fontana a seguito del prestigio conseguito con la ‘felice’ conclusione dell’acquedotto, pur restando in subordine rispetto al fratello Domenico, si ritagliò una sua specializzazione nel campo degli interventi di carattere idraulico.
Verde, P.C. (2019). «C’ha bisognato usarvi una diligentia quasi maravigliosa». Il cantiere dell’acquedotto dell’acqua Felice 1585-1587: il successo di Giovanni Fontana. In Pratiche architettoniche a confronto nei cantieri italiani della seconda metà del Cinquecento (pp.1-267). Milano : Officina Libraria.
«C’ha bisognato usarvi una diligentia quasi maravigliosa». Il cantiere dell’acquedotto dell’acqua Felice 1585-1587: il successo di Giovanni Fontana
paola carla verde
2019-01-01
Abstract
L’acquedotto dell’Acqua Felice, la rete idrica destinata ad alimentare il Laterano, l’Esquilino, il Viminale, il Quirinale e il Campidoglio, che convogliava in condotte in parte sotterranee e in parte realizzate su arcate, l’acqua delle sorgenti di Pantano dei Griffi (oggi Pantano Borghese) costituì l’opera pubblica più rilevante portata a termine durante il pontificato sistino. I documenti del fondo Presidenza degli acquedotti conservati nell’Archivio di Stato di Roma hanno costituito la fonte privilegiata dalla quale poter ricavare informazioni riguardanti il cantiere dell’acquedotto. Attraverso i registri dei mandati camerali, i libri dei conti, i libri mastri, i giornali di cantiere e gli atti notarili delle convenzioni con le imprese è stato possibile risalire agli aspetti organizzativi e finanziari del cantiere. Sisto V riprese le fila di un progetto già predisposto durante il papato di Gregorio XIII con le medesime premesse e motivazioni, mentre la fonte di finanziamento risultò del tutto differente: non ci si affidò ad investitori privati bensì l’opera venne per la maggior parte sovvenzionata dalla Camera apostolica. Nel corso della ricerca sono state identificate le gerarchie dell’articolata burocrazia pontificia con riferimento alla realizzazione dell’opera in esame. Per comprendere il funzionamento del cantiere è stato anche necessario confrontarsi con aspetti riguardanti la gestione e movimentazione del denaro camerale. L’aministratione dell’opera inizialmente fu affidata all’architetto Matteo Bartolani da Città di Castello, che ebbe modo di soprintendere alle attività svolte nel cantiere dal 1 maggio 1585 (a partire dalle opere di livellamento) fino al 3 luglio 1586 (ultimo pagamento in suo favore). Egli però non riuscì ad assicurare la funzionalità dell’opera e di conseguenza del prosieguo di essa fu incaricato, dal 22 luglio 1586, Giovanni Fontana che riuscì infine a far giungere l’acqua a Roma nel giugno del 1587, mettendo a punto adeguamenti atti a convertire un’opera inutilizzabile in un’opera perfettamente funzionale. Attraverso le misure e stime di ciascuna fase esecutiva presentate dalle numerose imprese che agivano nel cantiere dell’Acqua Felice è stato possibile determinare la natura e le caratteristiche degli appalti intercorsi tra architetto e imprese, i prezzi delle categorie delle opere finite e dei singoli materiali, le soluzioni tecniche e operative impiegate e il ruolo di sovrastanti e maestranze. Sono state evidenziate anche le differenze delle verifiche finalizzate alla corretta gestione delle finanze pubbliche tra l’iniziale gestione di Bartolani e quella successiva di Giovanni Fontana quest’ultima con l’adozione di procedure del tutto particolari. Il cantiere dell’Acqua Felice per la sua mole contribuì in maniera determinante all’incremento e qualificazione della produzione e del trasporto di materiali da costruzione, la cui commercializzazione veniva ad assumere così gli aspetti di una vera e propria attività industriale, nella quale furono coinvolti anche i parenti dei Fontana. Inoltre indirettamente l’opera promosse l’attività di compagnie d’impresa gestite da “capimastri intraprendenti” che dettero luogo a vere e proprie attività imprenditoriali. Del resto anche i Fontana andavano assumendo un ruolo imprenditoriale, grazie alla privilegiata relazione con il Papa committente. In definitiva Giovanni Fontana a seguito del prestigio conseguito con la ‘felice’ conclusione dell’acquedotto, pur restando in subordine rispetto al fratello Domenico, si ritagliò una sua specializzazione nel campo degli interventi di carattere idraulico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


